Il tarabusino – nome scientifico Ixobrychus minutus – per alcune caratteristiche tende ad assomigliare molto al tipico Tarabuso o airone stellato – nome scientifico Botaurus stellaris – se non fosse per le sue le ridotte dimensioni che lo configurano come il più piccolo della famiglia degli ardeidi, come suggerisce il nome. Il Tarabusino presenta un piumaggio simile al suo parente più grande, perfetto per mimetizzarsi nella vegetazione palustre: bianco con pezzature marroni-cannella sul ventre mentre sul dorso possiede un colorito più bruno e scuro che prosegue fino al capo. Il dimorfismo sessuale è evidente nella specie: mentre le femmine hanno il tipico piumaggio descritto precedentemente, i maschi sono quasi prevalentemente bianchi-ocra con il dorso e le parti superiori nere. Il becco del Tarabusino è medio-lungo e dritto, adatto ad afferrare le prede acquatiche in un colpo rapido.
Diffidente ed elusivo, è un uccello solitario e passa gran parte del tempo nascosto tra la vegetazione. Si mimetizza fra la vegetazione assumendo la posizione del “palo” con collo e becco verso l’alto: il suo volo è basso con rapidi battiti d’ala e lunghe planate. Dato che predilige il fitto della vegetazione palustre, lo si può osservare quasi unicamente durante i suoi brevi spostamenti aerei. Il nido viene costruito tra la vegetazione, nel quale vengono deposte 5-6 uova che vengono incubate dalla femmina durante la notte e dal maschio durante il giorno. L’alimentazione è costituita da piccoli molluschi, pesci, crostacei, rane e girini.
Come per altre specie che frequentano i canneti, anche per il tarabusino ogni attività di conservazione deve considerare il mantenimento di questi habitat fluviali particolari come quello del Brenta: i nidi posti nei canneti presenti lungo le sponde dei fiumi vengono spesso distrutti dalle onde create dai natanti a motore che stanno aumentando lungo tutto il territorio regionale. Altra causa di disturbo è la pesca sportiva effettuata lungo le sponde dei fiumi e nelle cave dismesse, in particolare quando si ricorre al taglio della vegetazione o si creano bivacchi per la pesca: questo arreca un elevato disturbo nel periodo di costruzione del nido e di cova. Inoltre, non dimentichiamo il ruolo svolto dai cambiamenti climatici e delle modificazioni ambientali in corso in Africa nelle aree di svernamento, fattori che riducono ulteriormente il livello di sopravvivenza della specie.
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